lunedì 30 novembre 2015

Calendario dell'Avvento - Martedì, 1 dicembre 2015



Cari amici, iniziamo il nostro Calendario dell'Avvento, incentrato sull'Abruzzo e sulle sue tradizioni.
Oggi è il primo dicembre e dunque possiamo scoprire la relativa casellina.

Mi piace confrontare i tempi odierni con quelli di qualche anno fa, quando ero ragazzina, orientativamente nell'epoca che va dalla fine degli anni Settanta ai magnifici anni Ottanta.
È più o meno da questo periodo che iniziano i miei ricordi meglio definiti, visto che sono nata nel 1968.

Siamo in tema natalizio e le immagini di un tempo mi rimandano ad un periodo di grandi preparativi, in previsione della Festa.
Tutta la vita quotidiana che mi circondava sembrava impegnata a partecipare agli eventi di organizzazione.

Certo, allora l'atmosfera profumava proprio di Natale, in senso lato. Le nostre faccende, quelle degli adulti e quelle dei bambini, parevano orientate alla sicura riuscita dei fatti natalizi.

E mentre i grandi, già da metà novembre, iniziavano a pensare a cose importanti, quali le visite ai parenti (potete leggerne qui), oppure gli acquisti alimentari per i pranzi e le cene in famiglia, noi piccoli avevamo aspettative forse più modeste di quelle dei bimbi di oggi, in fatto di giochi, ma sicuramente più sincere, in quanto ad entusiasmo.
Almeno questa è la mia sensazione.

In Abruzzo tante erano le tradizioni relative al periodo dell'Avvento, molte delle quali sono ancora vive ai nostri giorni.

Tra queste mi piace ricordare la preparazione del materiale che, la sera del 7 dicembre, sarebbe servito ad accendere e alimentare i fuochi per la Concezione.
Padri, zii, mariti e nonni radunavano fascine di ceppetti, foglie secche, pezzi di legno e li accatastavano sul luogo designato al falò, che poteva essere della famiglia, della contrada o del quartiere. Così, nei giorni immediatamente precedenti a quello designato, vale a dire il 7 dicembre, vigilia della festa dell'Immacolata, si potevano scorgere, in genere nei punti più alti sulle colline, cataste di roba da bruciare. 
Erano così ben composte e abbondanti, che io mi chiedevo se quella dei falò fosse solo una scusa per liberarsi finalmente di tante cose inutili, quali cassette della frutta o vecchi giornali.

Anche i dolci, così come i rustici salati, andavano preparati per tempo. 
Già dai primi di dicembre, avevano inizio le visite di parenti e amici. 
Sarebbero arrivati all'improvviso, senza tanti preavvisi e avrebbero portato le loro buste di plastica piene di ogni bontà.
Era necessario, dunque, far trovare sempre vassoi ricolmi di dolci e di stuzzichini salati.
Le visite andavano rigorosamente ricambiate. Anche noi ci recavamo a casa altrui, con le nostre sporte, che erano tanto grandi quanto era forte il legame con chi riceveva i nostri riguardi.

Il primo cibo natalizio che mi viene in mente, è rappresentato dalla cicerchiata, una composizione di palline di pasta, prima fritte e poi passate nel miele.

Possiamo seguirne la preparazione cliccando sulla foto in basso.


E per adesso ci fermiamo qui, dandoci appuntamento alla prossima casellina di domani.

Mi preme ricordarvi che la mia raccolta Riprendiamoci il Natale potrà essere scaricata #gratis oggi e domani (1 e 2 dicembre 2015).
Cliccate sulla copertina






Concetta D'Orazio

venerdì 27 novembre 2015

L'olio nuovo




Il re delle pentole e del crudo, il privilegio contadino delle nostre terre: è finalmente con noi.

Lo abbiamo atteso un anno intero: quanti giorni di primavera a guardare quelle piante che escono dal sonno dell'inverno.
Quanti giorni estivi a controllare la nascita dei nuovi frutti.
E infine quel loro succo è sulla nostra tavola.

Giallo, limpido, senza posa. 
Sì, senza sedimento sul fondo.

Un abruzzese, a fine autunno, lo riconosci a tavola. La bottiglia trasparente la lascia passare prima sotto al naso, poi la inclina, facendo gocciolare quel prezioso liquido, manco fosse oro fuso dalla zecca.

Non affonda subito il pane. No. L'Abruzzese vero deve calibrare con la vista la giusta decantazione di quel perfetto prodotto della terra sua.

Non affonda subito il pane. No. L'Abruzzese deve riconoscere con il naso la fragranza naturale di quella illibatezza di olive.

Non assaggia l'olio, l'Abruzzese. Lui lo sorseggia con tutti i sensi, come si fa con un vino di annata.

Sì perché l'anno non si ripeterà uguale.
E neppure l'extra vergine di oliva.

Concetta D'Orazio



È in arrivo il Calendario

Cari amici di questepagine, accompagneremo le vostre giornate, dal 1 al 25 dicembre, seguendo un calendario dell'avvento tutto abruzzese. 
Non vi anticipo la sorpresa.

Seguite su questepagine!





mercoledì 25 novembre 2015

martedì 24 novembre 2015

I miei libri in promozione



Tra poche ore, e per tutto il mese di dicembre, tre dei miei libri saranno in promozione a 0,99 euro.
A questo link 
Grazie a tutti!

lunedì 23 novembre 2015

Natale in Abruzzo - Lu cardòne




Il fumo si incanala su per le narici e il sapore che porta è quello del Natale. 
Il profumo si gusta già con gli occhi, annebbiati dal calore che tira su quel colore delle feste.

La foto che ho nella testa è quella di un piatto colmo, grondante di bontà.
Da piccola, lo rammento, quella scena si viveva sulla tavola apparecchiata a festa, con le sedie intorno che non bastavano mai.

Sulla zona riservata ai grandi, la zuppiera era più preziosa, quella del servizio.
Nella parte preparata per noi bambini, quella minestra era contenuta nel vaccilette di tutti i giorni, la scodella poco importante di cui nessuno avrebbe pianto l'eventuale dipartita, in seguito ad accidentale caduta.
A noi piccoli non importava: quel che interessava era il "di dentro": buono, saporito, colorato.

Un brodo pesante da alternare alla pastasciutta della festa. Questo, per gli abruzzesi è lu cardòne.

Non c'è Natale che ricordi in cui sul desco di famiglia non sia comparsa lei, la regina: la zuppa di cardo.

Al cardòne, come del resto a tutte le pietanze natalizie, si inizia a pensare per tempo. Al mercato, alcuni giorni prima, bisogna scegliere il cardo migliore. 

In macelleria occorre acquistare il macinato per preparare le polpettine, il pollo e la carne per il bollito.

Vi lascio qui la ricetta, senza indicare con precisione il peso degli ingredienti. Come spesso ho detto (anche in Riprendiamoci il Natale) le autentiche massaie d'Abruzzo, come asserisce mia madre, non pesano, non misurano. 

Fanno ad occhio!

La preparazione di questo piatto è molto impegnativa. Suggerisco di avviarsi per tempo, iniziando dal giorno precedente a quello in cui avete intenzione di servire lu cardòne ai vostri invitati.
Scrivo di nuovo la ricetta. Durante queste feste potete prepararlo.



Ingredienti

Tre o quattro coste di cardo 

Brodo da realizzare con vari tipi di carne, pollo, vitello, tacchino, e con verdure (cipolla, carota, sedano, pomodorini)
Carne macinata e mollica per preparare piccole polpettine (200 grammi di carne per 4 persone)
Parmigiano
uova + 3 per la frittatina
Sale
Pepe
Noce moscata
Prezzemolo tritato per la frittata

Preparazione

Il giorno prima (per comodità)

Formate piccolissime polpettine rotonde 
del diametro di pochi centimetri con la carne macinata, sale, mollica di pane e un uovo. Conservatele in frigo.
Preparate il brodo, facendo bollire, come di consueto, carne e verdure. 
Filtrate il brodo e conservatelo in frigo, insieme alla carne lessata.
Preparate un frittata, sbattendo 3 uova, parmigiano, sale, pepe, noce moscata, prezzemolo. Aggiungete un cucchiaino di lievito per dolci e cuocete in forno. Tagliatela a dadini e conservatela in frigo.
Pulite il cardo, togliendo la parte dura e filamentosa, e tagliatelo a dadini piccoli. Lessateli e quindi scolateli. Conservate in frigo.

Il giorno dopo (generalmente la mattina di Natale)

Mescolate, sbattendo, 2 uova in un tegamino, con sale, pepe e noce moscata. Aggiungete i pezzetti di cardo precedentemente lessati. Versate il tutto nel brodo. 
Aggiungete le polpettine. 
Prendete alcuni pezzi di carne di pollo con cui avete realizzato il brodo e impegnatevi a"sfilacciarli", facendoli diventare piccoli pezzettini dalla forma allungata. Mettete anche questi nel brodo.
In ultimo i dadini di frittata.
Fate bollire il tutto per una quindicina di minuti. Servite con abbondante parmigiano nel piatto.

In Abruzzo sono nata e qui vivo.
È per questo che ho scritto e scriverò d'Abruzzo.



Riprendiamoci il Natale: racconti sul Natale abruzzese degli anni '80











Nero di memoria: l'Abruzzo ai tempi della seconda guerra mondiale.
La storia d'amore di Tonino e Filomena.










Concetta D'Orazio

Natale in Abruzzo - Le buste piene di roba



Le immagini sono ancora nitide in me, mi pare quasi di toccarle. 
Lo saranno per sempre, credo.
Non sono trascorsi molti anni, mi sembra di vedere quelle buste piene di ogni opulenza gastronomica, che ci appesantivano le braccia quando varcavamo la soglia di abitazioni altrui.

E voi ricordate quando, in occasione delle feste, esisteva l'usanza di andare a trovare parenti ed amici?
La particolarità, che rendeva le visite diverse da quelle di oggi, consisteva nella natura e nell' abbondanza del dono con cui famiglie intere si recavano a "trovare", cioè a salutare in casa, zii, cugini, amici.

Le buste di plastica, piene di roba da mangiare, più che di oggetti o regali veri e propri, rendevano palese il nostro legame e la nostra intesa con il destinatario, o i destinatari, di quanto in esse contenuto.

A seconda del grado di parentela o comunque di considerazione da parte nostra, i sacchetti venivano riempiti con vari alimenti. 
Si andava dai classici panettone e bottiglia di spumante. Si aggiungevano torrone, cioccolatini e biscotti. 
Non si disdegnavano pacchetti di pasta, soprattutto quella all'uovo che, come dicevano gli anziani, faceva più figura
Sale e zucchero si aggiungevano poco a Natale, mentre erano piuttosto riservati alle buste per altre circostanze, quali la visita per un lutto oppure in seguito ad una degenza ospedaliera. 
Il principe di ogni busta era il caffè, in confezione di platica o barattolo.

Il caffè no, non poteva mancare, in nessuna occasione. L'usanza di recarsi a casa di un familiare o amico, dopo un lutto, era addirittura esplicitata nella espressione "andare a portare il caffè".

La visita con sacchetto pieno, in alcuni paesi abruzzesi, pare essere ancora in voga, soprattutto fra le persone più anziane.

Nel racconto "Il panettone è troppo piccolo", della raccolta Riprendiamoci il Natale, ho inserito un riferimento a questa usanza abruzzese.




Ieri è scesa un po’ di neve ma non ha creato molto impiccio. La strada è pulita. Prima di passare oltre l’inferriata, bisogna suonare il campanellino: gli zii che non sono zii hanno un cane che abbaia molto. Meglio stare attenti.
Ci viene ad aprire il figlio dei padroni di casa. Non è nostro cugino ma è come se lo fosse, non vuoi altro che per logicità di parentela. È molto più grande di noi. Papà dice che ha finito da tanto tempo le medie ma poi non ha voluto continuare a studiare. È rimasto a casa, guida il trattore ed è pure molto bravo.

Entriamo. Ci troviamo subito nella sala preparata per la tombolata. Mamma poggia la busta di plastica che, nel pomeriggio, ha riempito di roba da portare per la visita: due pacchetti di spaghetti, un sacchetto di zucchero, una confezione di caffè ed una di savoiardi. Ha messo pure due torroni,  uno per ogni cugino-non cugino. Sono grandi ma i torroni li mangiano ancora. [...]

Troverete il racconto intero ed altri a questo link

Concetta D'Orazio



Il sonno della bella addormentata


Sonno calma le pene.

E tu, dolce bella addormentata riposa il tuo dolore. Lo fai già in estate, lo ripeti in primavera.

Nemmeno l'autunno, con le sue melodie per letargo, sveglia la triste dolcezza di Maja e la composta eleganza del suo gigante.

Sonno riconducili a te. Possa l'inverno alleggerire il cordoglio, con i tramonti ravvicinati e con la freschezza della neve che verrà.

Scendi grigiore, tramutati in celeste.
Il blu della parte bassa già si appresta ad ammansire pure i cuori più animosi.

Ora è tempo di quiete.
E di silenzio.

Concetta D'Orazio



martedì 10 novembre 2015

Siamo soli.
Le nostre solitudini si arrovellano e si contorcono, in cerca di una lontananza altra.
A mangiar pane e assenza.
Siamo soli.