sabato 29 novembre 2014

Paesaggio natalizio: osteria



La pioggia si affaccia, poi cambia idea, tornando sui propri passi. Il cielo non la segue, rimane cupo, dello stesso sentore di umido.

Le gocce si allarmano per questa sua ritrosia e decidono dunque di imitarlo. Si rimettono per strada, lungo il sentiero che le farà precipitare, dall'alto in basso, seguendo quel loro inesorabile destino.

I vetri della mia finestra sembrano storditi dall'incessante picchiettio a cui sono sottoposti. 
Il temporale si è già presentato e, sulla scena, perfeziona le proprie mosse, intensifica le battute. Recita la sua parte migliore, aspettando applausi da un pubblico assonnato.
E batte e gira. E illumina e poi rimbrotta, facendo ripiombare il mondo nell'incertezza del tempo.

Nei sotto-scala o nei laboratori approntati in emergenza, nulla pare più gradevole che dimenticare le scosse dei tuoni e gli abbagli dei lampi con il lavoro delle mani che rispondono ai progetti di un pensiero ingenuo e rilassato, ma sincero.

La composizione finale, è ormai deciso, sarà quella di un paesaggio natalizio. In fretta si pensa: c'è questo, c'è quello. Si fa così e si fa perché
La prima idea corre subito al ristoro, forse per il fatto che risponde pure all'esortazione dello stomaco che, in queste atmosfere, non sostiene lunghi periodi di digiuno.
E voi avete ormai già pranzato da un paio di ore.
Il ristoro, dicevo: la prima costruzione del paesaggio sarà un'osteria.

La colla è sul tavolo, insieme al cartone, ai colori e alle tempere.
Si dovrà giocare di taglio e frattaglie: incidere le finestre, aprire le porte, squadrare tegole e mattonelle.

Qualche foto, ma non c'è tempo, prima di finire.


Colori e correzioni. L'opera prima è terminata. 

L'assaggio iniziale ha ceduto il posto alla perfezione. Si comincia con poco, due pezzi di carta e un po' di colore. 
Si dice sempre così e poi si termina ad assottigliare pure sfumature.

Ed ecco il risultato.





Concetta D'Orazio





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