mercoledì 11 marzo 2015

Il latino: per favore non declinatelo, in italiano.



Niente va buttato. Neppure il latino.
Che, detto da me, pare proprio una battuta. 
E infatti è una freddura.

Lo avevo scritto qualche tempo fa: la lingua latina, è incredibile, vive oggi più di ieri. (Trovate l'articolo qui). 
Quanti vocaboli appartenenti ad epoca classica, sono passati ad essere di uso comune. A volte li utilizziamo senza quasi renderci conto della loro esatta provenienza e del loro giusto significato. Tante parole sono ormai diventate così familiari che siamo convinti di poterle ricondurre all'uso tutto moderno, senza tener conto che, in realtà, sono antiche, antichissime. 

Accade  di parlare per sentito dire, senza essere consapevoli del valore di alcuni termini.
Il che non è abitudine da condannare, per carità. In fondo neppure delle parole moderne conosciamo bene l'etimologia, o almeno non sempre, ma le adoperiamo con sicurezza perché così ci hanno insegnato. Così abbiamo sentito, letto e accettato.

Se sul significato delle parole della lingua corrente, tutto sommato, possiamo disporre oggi di una certa tranquillità, non altrettanto possiamo dire dell'accezione di voci che provengono direttamente dall'antenato del nostro idioma, il latino appunto.

A volte troviamo vocaboli utilizzati in maniera inadeguata, relativamente al loro originario significato. Altre volte è impropria la declinazione che si fa oggi di morfemi che ormai dovrebbero essere utilizzati in maniera cristallizzata, dal momento che la loro declinazione non è più necessaria nella nostra lingua.

Relativamente all'indeclinabilità di termini utilizzati ai giorni nostri, occorre ribadire che la lingua latina non prevedeva l'utilizzo degli articoli, fondamentali in italiano, per distinguere il genere e il numero delle parole. Anche per questo motivo, ma non solo, si aveva la necessità di comprendere il senso di una parola, a partire dalla desinenza. Da qui derivava dunque l'esigenza di declinare, necessità che oggi scompare.

Per comprendere bene la questione, facciamo qualche esempio.

Ho commesso un lapsus.

Eri davvero emozionato, quanti lapsus hai commesso, oggi!

Nel primo caso, se avessi voluto declinare la parola lapsus, avrei dovuto metterla all'accusativo singolare, lapsum, visto che è in funzione di complemento oggetto ma ho lasciato la parola irrigidita per due motivi.
1. La lingua italiana non prevede l'utilizzo di una diversa forma di desinenza delle parole, a parte nella differenza fra singolare e plurale. 
2. I vocaboli in latino devono essere usati in maniera statica, cioè senza subire declinazione, essendo termini appartenenti ad una lingua diversa dalla nostra.
E pur se il latino è nostro nonno, per così dire, l'accostamento della desinenza dei casi e dell'articolo mi pare davvero eccessivo e ridondante
Ricordate bene: eccessivo e ridondante
Scriviamo in italiano, abbiamo i nostri articoli (ma anche le nostre preposizioni e tanta altra roba), per quale motivo dobbiamo ostinarci a mettere pure la desinenza giusta?
In lingua italiana una parola straniera (o "vecchia) rimane statica.

Consideriamo anche altro.
Spesso in italiano utilizziamo parole in latino che, in realtà, in origine erano voci verbali.
Questo vale, ad esempio, per deficit (terza persona singolare, indicativo presente dal verbo deficio), la cui traduzione letterale sarebbe: si stacca, si separa, viene meno. Comprendiamo bene come l'uso in italiano di deficit è assolutamente sostantivato.

Per questi motivi, ripeto, è da evitare la declinazione.

Hai ricevuto le notifiche del forum

In questo caso, potendo contare in italiano sulla preposizione articolata, ho utilizzato la forma statica della parola, forum appunto, di sicuro non l'originario genitivo singolare fori. 

Non ardirei mai a declinare in italiano horror, iunior, curriculum e così via.

È importante tenere presente che taluni termini in latino, declinati, potrebbero anche assumere un senso improprio. È questo il caso di curriculum, appunto.
L'originario significato di curriculum è quello di corsa. In senso figurato il curriculum diventa il corso, della vita e/o degli studi (vitae/studiorum).
Cosa accadrebbe se adoperando questo vocabolo oggi decidessimo di renderlo al plurale, curricula?
Anche in questo caso è necessario un esempio.

Io e Paola mostriamo all'ingegnere i nostri curriculum vitae.

In questa frase il plurale di curriculum è dato dall'articolo "i". Stiamo parlando in lingua italiana e dunque dobbiamo "ragionare" in lingua italiana, pur utilizzando un latinismo, ormai entrato nell'uso comune. Ricorriamo dunque all'articolo, evitiamo la declinazione.
E adesso vediamo la forma declinata.

Io e Paola mostriamo all'ingegnere i nostri curricula vitae.

Abbozzo una traduzione.

Io e Paola mostriamo all'ingegnere le nostre corse della vita.

Capite bene che quest'ultima proposizione appare di per sé stessa quanto meno divertente. Non possiamo rendere la frase in altro modo, prima di tutto perché quella è la traduzione letterale di curricula, neutro plurale di curriculum. In secondo luogo perché, mentre per il singolare curriculum conosciamo un uso figurato corrispondente a corso, cioè a "movimento" (quindi carriera della vita o degli studi), non possiamo dire che la parola, resa al plurale, abbia la stessa garanzia di significato. Immaginate un po' le carriere della vita.
Il divertimento dunque continuerebbe laddove ci trovassimo a consegnare all'ingegnere di sopra i movimenti della vita o le corse degli studi.

A ciò aggiungo che, dal momento che parliamo in italiano e ci riferiamo ad un uditorio che comprende la lingua italiana, ma potrebbe non comprendere quella latina, non vedo quale sia il motivo di mettersi a declinare le parole. A questo punto, se si decide di rivolgersi esclusivamente a chi apprezza la "finezza" della desinenza declinata, sembrerebbe più coerente scrivere tutta la frase (o periodo o brano o articolo) in latino.

Per finire, appare ancora più delizioso il fatto che quelle stesse persone che decidono di declinare un latinismo, poi ne lasciano intatti altri, "italianizzandoli". 
Perché?
Il latino è uguale per tutti!
E in caso di dubbio, un bel piatto spaghettorum è sempre una soluzione.

Concetta D'Orazio








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