venerdì 28 giugno 2013

Sullo stile di scrittura

Approfitto dell'occasione offertami da una chiacchierata con un amico che, lui lo sa, è per me sempre pungolo intelligente ad approfondire talune questioni inerenti allo stile personale di scrittura. 

Leggere è un piacere. Leggere è anche un impegno. Chi si accosta ad un libro lo fa, deve farlo, con consapevole responsabilità di essere, per tutto il tempo della durata della lettura, l'unico arbitro a poter giudicare quel che ha sotto gli occhi, apprezzando talune traiettorie di stile, disdegnandone altre.

Ripeto, chi legge si assume la responsabilità di far scivolare le pagine, a stampa o virtuali non importa, sulla propria pelle, accogliendone o meno la giusta temperatura.

Chiarita la premessa, sono convinta, con estrema caparbietà, che non ci siano regole generali da applicare al modo in cui si scrive, men che meno da seguire nell'ordinare il proprio pensiero. Ed anche lo stile personale non può essere sempre catalogato in rigide schedature ma deve essere aggiustato, tenendo presente numerose variabili: l'argomento, l'ambientazione, i personaggi. 
Ed anche tante altre questioni.

Chi ha detto che la lettura deve scorrere sempre velocemente? Chi lo dice che deve essere sempre snella? 
In un romanzo d'azione è chiaro che la paratassi debba essere preferita alla ipotassi; dove c'è azione e continuo cambio di ambientazione e situazioni ben vengano le frasi poste sullo stesso piano, preferibilmente brevi. 
Se ci sofferma invece ad analizzare i movimenti interiori delle anime dei personaggi anche la penna avverte la necessità di continui ghirigori e tenute placide di stile. Qui la ipotassi è d'obbligo.

Ogni maniera di scrittura è buona se sapientemente calibrata, tenendo presente gli innumerevoli punti vista!


Concetta D'Orazio

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