lunedì 22 settembre 2014

FUORI DAL LIBRO Capitolo I – Personaggi smarriti




Questo articolo esce contemporaneamente su quattro blog:


 Un parco, forse un giardino, avvolto nella nebbia, figure che vagano incerte...

(Iolanda) Le vedo. Le ombre si allungano davanti a me. Ne scorgo una: pare uscire dalla nebbia. Adesso che fa? Si incammina verso il parco?
Riconosco quella figura. Sì, è Antonio. Provo a chiamarlo. La mia voce non riesce ad allungarsi fino a lui. Se ne sta su quella panchina. Un'anima sperduta e frastornata. Lo raggiungo. Mi muovo a fatica con queste catene alle caviglie: non mi permettono di camminare in fretta.

(Antonio) Di nuovo. Un attimo fa leggevo sulla panca, e ora sono qui, in questo parco perso nella nebbia, seduto su una panchina. Non è la prima volta che mi accade, ma è un sogno, un'allucinazione, pazzia, o devo credere nell'irreale e pensare che questo mi stia accadendo davvero?

(Iolanda) Antonio, ti ho visto da lontano. Cosa ci fai tutto solo in questo parco?

(Antonio) Iolanda! Anche tu di nuovo qui, sembra che i nostri destini siano collegati, almeno in questo sogno. Mi chiedevo se tutto ciò stia davvero accadendo, non saprei cosa credere, e mi sento perso in una situazione così irreale, che non posso spiegare razionalmente.

(Iolanda) Antonio, caro amico, ho le tue stesse sensazioni. Nemmeno io so spiegarmi cosa ci stia accadendo.

(Antonio) Forse in un sogno, o forse questo luogo è solo l’invenzione di qualche divinità sfaccendata... Ma se fosse così, perché proprio noi tra miliardi di persone?

(Voce narrante) Sul sentiero emergono dalla nebbia due figure...

(Iolanda) Non so, Antonio, ma pare che non siamo soli. Li vedi quei due? Stanno percorrendo la stradina, si dirigono verso di noi. Non li distinguo bene.

(Professore) Salve, buonasera, signore, signorina… Permettete che mi presenti, sono il Professor Knowall, Leonard Knowall. Stavo andando in biblioteca quando, prendendo questa scorciatoia che attraversa il giardino pubblico, mi sono perso, buffo, eh! Poi ho trovato questo giovanotto, sembra che anche lui abbia smarrito la strada, sapete per caso dov’è l’uscita?

(Iolanda) Mi dispiace, non sappiamo dove sia l'uscita. Anche noi ci troviamo qui per caso. Non capisco le tue parole.

(Professore) Vabbe’, non ha importanza… Piuttosto, cosa sono quelle catene che le imprigionano le caviglie e i polsi?

(Iolanda) Le mie catene, mi fanno male, mi stringono. Riesco a malapena a camminare, tenendo i piedi l’uno vicino all'altro. Me le hanno messe, non so perché. Dicono che ho peccato ma io non so cosa sia un peccato né credo di averne mai commesso.

(Professore) Non credo che tu sia qui per qualche peccato che avresti commesso! Davvero non sai cos’è una biblioteca? Ma… allora è chiaro solo a me? Forse è meglio che non dica altro, per il momento… Intanto cerchiamo di capire cosa ci facciamo qui.

(Martin) Temo che sia chiaro solo a lei, professore. Per me non lo è per niente. Adesso vorrei tornare a casa ma non ho idea della direzione da prendere. Mi scusi signora, e anche lei: non dico per voi, è solo che sono stanco. A proposito, il mio nome è Martin Iuppiter. Forse lo avete sentito, sono uno scrittore.

(Antonio) Salve Professore, salve Martin, io sono Antonio Scossa, faccio il falegname, o forse dovrei dire che sono pensionato e lavoro il legno per passare il tempo. Questa è la seconda volta che incontro Iolanda in questo posto dove ci ritroviamo trasportati senza preavviso, così come d’improvviso siamo ritornati nel nostro mondo. Per voi è la prima volta?

(Iolanda) Martin, anche tu in questo parco. Come ci sei arrivato?

(Martin) Non so, all’improvviso ero sotto un grande tiglio, e il professore era accanto a me. Non ricordo cosa stavo facendo prima, ma ero di certo nel mio studio. E adesso devo andarmene, il lavoro mi aspetta. Nessuno di voi sa come possiamo uscire di qua?

(Iolanda) Che strane vesti avete addosso!

(Professore) Se i nostri abiti le sembrano così strani che dovremmo dire noi dei suoi? Signorina, lei è un’attrice, per caso?

(Iolanda) Attrice? Che significato ha questa parola?

(Martin) Non mi sembra il momento di scherzare, signorina. Teatro o cinema?

(Iolanda) Teatro? Cinema? Non capisco.

(Professore) Martin, mio giovane collega - Sì, anch’io sono uno scrittore - penso che la signorina Iolanda sia più confusa di noi in questa situazione. In confidenza, comincio a sospettare che venga veramente da molto lontano… Ma dov’è Antonio? Era qui fino a poco fa.

(Martin) Da lontano? Ma se non sappiamo neppure dove siamo…

(Professore) Intendevo lontano dalla nostra società, dall’epoca alla quale, è evidente, noi altri tre apparteniamo.

(Martin) Un viaggio nel tempo? Anche lei ha voglia di scherzare? Ma le sembra possibile?

(Iolanda) Le caviglie mi fanno male. Queste catene stringono. Aiutatemi, vi prego.

(Antonio) Eccomi Iolanda, cercavo una pietra adatta per provare a spezzare la catena, ma poi mi è venuto in mente che ho in tasca un attrezzo forse adatto, se l’acciaio delle catene non è troppo resistente.

(Voce Narrante) Antonio estrae una piccola tronchese e si china sulle catene cominciando a lavorarci.

(Antonio) Incredibile, sono di ferro dolce, neppure troppo irrobustito, riesco a tagliarlo facilmente. Non avevo mai visto catene così malleabili. Ecco fatto, ora togliamo anche quelle ai polsi.

(Voce narrante) Iolanda è finalmente libera. Si massaggia i polsi, poi scende fino alle caviglie. I tre compagni di sventura sono fermi davanti a lei, ad osservarla.

(Iolanda) Perché mi guardate?

(Martin) Un momento… sono catene vere, pesano! E allora questi segni sul viso e sulle braccia… è sangue? Come si sente, signorina? Forse dovremmo cercare un ospedale.

(Professore) Credo che le sue ferite siano più profonde, meno visibili di quelle esterne… Iolanda, cosa ricorda di quello che le è successo prima di arrivare qui?

(Iolanda) Sono venuti a prendermi. Io non capivo. Mi hanno portato via. Via da casa, via dalla famiglia. Hanno legato le mie mani e i miei piedi.

(Professore) Chi le ha fatto questo? Chi erano questi uomini?

(Iolanda) Non lo so. Avrei voluto soltanto godere dell’esistenza e dei colori delle mie emozioni, come fanno tutte le persone. Loro sono venuti, mi hanno preso, con forza, con cattiveria.

(Martin) Come ha fatto allora a fuggire da questi uomini e a venire qui, nonostante quelle catene?

(Professore) Credo che le sia successo quello che è capitato a tutti noi, si è trovata in questo luogo, non ha scelto di lasciare il suo mondo. Del resto anche lei, Martin, non è venuto qui di sua spontanea volontà, vero?

(Martin) Venuto? No, certo. Ero nel mio studio, ho aperto la porta e davanti a me c’era questo parco. Ho fatto un passo indietro, ma lo studio era scomparso e dopo un momento ho visto lei, professore. Come in un incubo… Incubo, certo. Stiamo solo facendo un brutto sogno! Anzi: sto facendo un brutto sogno.

(Antonio) Solo quando ti svegli puoi dire di aver sognato.

(Iolanda) Io non ho fatto scelte, sto soltanto subendo le conseguenze di un destino che ora mi è sconosciuto. Anche voi siete nell'incertezza, proprio come me.

(Antonio) Ma di questi tempi nessuno incatena più le persone, come è possibile una cosa del genere?

(Professore) Sì, Antonio, ha ragione, in questa nostra epoca le catene non sono più fatte di metallo, sono intangibili, ma non per questo meno forti, anzi… Come avevo già accennato prima, penso che la nostra giovane amica non sia esattamente una nostra contemporanea. Lo so che avrete difficoltà ad accettarlo, ma sono ormai convinto che Iolanda appartenga a un’epoca meno civilizzata della nostra, un’epoca in cui le catene erano più materiali e meno simboliche e, come abbiamo visto, facilmente rimovibili.

(Martin) Insomma, lei è davvero convinto che la signorina abbia viaggiato nel tempo? Non riesco a crederci.

(Professore) Caro Martin, converrà con me che non ci troviamo in una situazione ordinaria. Le risulta così difficile accettare che, come noi abbiamo viaggiato nello spazio, perché è ormai chiaro che non siamo nel giardino pubblico della nostra abitale città, Iolanda potrebbe aver compiuto un viaggio di altro tipo? A giudicare dalle sue vesti e dalle catene che la imprigionavano credo che la signorina provenga da uno dei periodi più oscuri della nostra storia. Ma proviamo a scoprirlo chiedendole direttamente alcuni dettagli che potrebbero risolvere i nostri dubbi.

(Antonio) Iolanda, cara, dammi la mano, vieni a sederti. Non vedete che è sconvolta, lasciamola riprendere, non torturiamola con i nostri ragionamenti, è evidente che fa fatica anche a capire di cosa stiamo parlando.

(Iolanda) Vi rendo grazie, signori. Dove mi trovo adesso? Cosa mi è accaduto prima di arrivare qui? Ricordo solo paura e dolore.

(Voce Narrante) Martin appare insofferente e nervoso, si allontana dagli altri poi torna ad avvicinarsi di nuovo.

(Martin) Perché non cerchiamo di tornare a casa? Non dovremo restare qui per sempre, no?

(Professore) Martin, lei sembra molto impaziente di tornare a casa, qualunque significato vogliamo dare alla parola “casa” nella nostra condizione… Ha per caso delle questioni impellenti che deve affrontare?

(Martin) Lavorare. Devo lavorare. Uno come me non può permettersi di perdere tempo.

(Iolanda) Non c’è una via di uscita. Lo sento.

(Martin) Ci deve essere, invece. Siamo arrivati qui, no? E allora potremo anche tornare dove eravamo… a meno che…

(Professore) Non vorrei essere pessimista, ma come è evidente che non siamo qui per nostra volontà, credo che dovremo rimanere in questo luogo per tutto il tempo che sarà necessario. Non chiedetemi se c’è un disegno superiore in tutto questo, io sono agnostico e materialista, ma so adattarmi alle situazioni che non posso controllare.

(Martin) Insomma, professore. Secondo lei non è un incubo, però dobbiamo rimanere qui. Crede forse che siamo… morti?

(Antonio) Non credo proprio, se fossimo morti non potremmo stare qui a parlare tra noi. Però anche senza uscita, da questo posto si può andare e venire, io e Iolanda lo abbiamo già fatto, solo non saprei dire come, è semplicemente accaduto.

(Professore) ...come dicevo prima, non possiamo andare e venire da qui a nostro piacimento, dobbiamo semplicemente aspettare che succeda. Visto che probabilmente dovremo passare del tempo qui, che ne dite di conoscerci meglio? Magari ci aiuterà a capire il motivo perché ci troviamo qui e se ci sono delle affinità che ci uniscono.

(Iolanda) Mi appoggio su questa pietra. Riposo un po’. Voi iniziate pure a raccontare le vostre storie.


Il nostro esperimento di scrittura a più mani


Il secondo capitolo è in fase di pubblicazione sui nostri profili facebook 


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