giovedì 8 ottobre 2015

Fotografando ottobre



Ho messo il turchese e non ci stava male.
Ho utilizzato un violaceo annebbiato dal vapore nella vigna. 
E mi tornava allegro.

Ho aggiunto un marrone poco cupo.
Per sicurezza, ne ho messo ancora, sfumando le venature troppo temerarie.
Il rosso mi pareva poco carico: l'ho rinforzato.

Il verde, invece, era della gradazione azzeccata: un poco tendente al colore dell'erba che va perdendo identità.
Quel tono era appropriato.
Ne occorreva un altro e ho pensato al tempo caduco e alle foglie appassite.

All'improvviso un già visto: l'immagine avrebbe dovuto brillare, come sotto ad un sole che saluta gli astanti, ormai diretto verso un'altra battigia.
Sono salita quindi verso quella cima novembrina. 
Lo so, è stato un azzardo avventurarmi alla volta di quel tempo che verrà. 

Ma andava fatto, almeno solo con il pensiero: ho liberato le idee fra tutta quella foschia grigia, fra l'umido che rinforza la campagna, invitandola al riposo guadagnato.
Ho rinunciato subito a quel fresco prematuro. Ogni cosa a suo tempo.

Sono tornata qui. Ho ripreso la mia immagine. Avrei dovuto comporla, azzeccarla. Valutarla. 
Avrei dovuto spostare i colori, rovistare fra quelle tonalità. 
Pizzicarle.

E invece mi sono fermata, capitolando alla pigrizia.
Ho preso solo la giusta angolazione. Quanto meno ho tentato di indovinarla.
Infine ho dato ordini precisi alla mia mano.

Sono rimasta così, in un rapimento intenso, un po' vanesio e vanitoso.
Fotografando ottobre.

Concetta D'Orazio

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