giovedì 18 dicembre 2014

Cucina abruzzese dalle finestre



Tu prova a passare davanti alla finestra di una cucina abruzzese, verso le diciassette, diciassette e trenta, nel periodo più soporifero dell'anno, nell'autunno bicolore, a gradienti.

Dietro il vetro, potrai osservare nugoli di farine, sbuffati nell'aria, alzarsi e poi velocemente ricadere su spianatoie vecchie di cent'anni. Quelle che le nonne tre volte nonne hanno lasciato alle pronipoti, che a loro volta hanno ceduto alle cugine, che le hanno imprestate alle comari.

Sì, perché noi siamo moderne, ma con stile. Lo stile dell'abitudine e del riguardo alle tradizioni.
Siamo moderne un po' antiche, ecco. Come dire: un occhio al Social e uno al matterello.

Che poi abbiamo tutti i nostri pc, le nostre belle tavolette elettroniche, da cui soffiare via ogni tanto quei residui della farina di cui sopra.

A me è capitato pure, lo confesso, di dover grattare un'eccedenza di ghiaccia che avevo preparato per decorare i biscotti. Quella poltiglia di zucchero a velo, mescolato all'albume, con un paio di gocce di limone. Sì, quella che si chiama ghiaccia reale
L'ho trovata appiccicata alla tastiera del portatile. 
Dev'essere accaduto quando mi sono affacciata sul Web, a controllare le notifiche. Lo faccio, ogni tanto, così tanto per non sentirmi troppo antica. 
Mi si è incollata alla T, la ghiaccia monella. Ma poco, eh. 
Una goccia di ghiaccia.

Le cucine abruzzesi, dicevo, le vedi dalle finestre, passandoci davanti, ma anche soltanto annusandone gli effluvi da poco lontano. Il naso riconosce le mezze tinte dei profumi culinari. Proprio quelli che riescono ad attraversare le barriere delle finestre. Le finestre di prima.
Le narici individuano gli aromi salati, amalgamati con la pasta madre.
Oppure sentiamo (le sentite?), inspirando dentro, le comodità gustose di zuccheri mescolati ad olio buono, o ad un burro ammorbidito.

Le cucine, viste da fuori, hanno la capacità di trasmettere quel sentore, non solo profumato, ma pure colorato, che ci riporta ai nostri anni belli. Quelli dell'infanzia e della età adulta giovane. Quelli di quando non c'era ancora l'oppressione che avvertiamo oggi, trasmessa in tv, sottolineata sul Web: il senso cupo di una società che annaspa. Di una malinconia globale che travolge gli individui e li spinge ad estraniarsi dal mondo. 
E a volte pure verso da sé stessi.

Tu prova a passare davanti a quei pertugi da cui, in autunno alla fine, puoi osservare il calore della quotidianità, illuminato dalle lampadine precoci di un primo pomeriggio a metà settimana.
Potrai osservare sorrisi distaccati da quel grigio di rassegnazione che ormai, oggi più di ieri, avvolge il mondo.

Concetta D'Orazio









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