sabato 29 novembre 2014

Paesaggio natalizio: osteria



La pioggia si affaccia, poi cambia idea, tornando sui propri passi. Il cielo non la segue, rimane cupo, dello stesso sentore di umido.

Le gocce si allarmano per questa sua ritrosia e decidono dunque di imitarlo. Si rimettono per strada, lungo il sentiero che le farà precipitare, dall'alto in basso, seguendo quel loro inesorabile destino.

I vetri della mia finestra sembrano storditi dall'incessante picchiettio a cui sono sottoposti. 
Il temporale si è già presentato e, sulla scena, perfeziona le proprie mosse, intensifica le battute. Recita la sua parte migliore, aspettando applausi da un pubblico assonnato.
E batte e gira. E illumina e poi rimbrotta, facendo ripiombare il mondo nell'incertezza del tempo.

Nei sotto-scala o nei laboratori approntati in emergenza, nulla pare più gradevole che dimenticare le scosse dei tuoni e gli abbagli dei lampi con il lavoro delle mani che rispondono ai progetti di un pensiero ingenuo e rilassato, ma sincero.

La composizione finale, è ormai deciso, sarà quella di un paesaggio natalizio. In fretta si pensa: c'è questo, c'è quello. Si fa così e si fa perché
La prima idea corre subito al ristoro, forse per il fatto che risponde pure all'esortazione dello stomaco che, in queste atmosfere, non sostiene lunghi periodi di digiuno.
E voi avete ormai già pranzato da un paio di ore.
Il ristoro, dicevo: la prima costruzione del paesaggio sarà un'osteria.

La colla è sul tavolo, insieme al cartone, ai colori e alle tempere.
Si dovrà giocare di taglio e frattaglie: incidere le finestre, aprire le porte, squadrare tegole e mattonelle.

Qualche foto, ma non c'è tempo, prima di finire.


Colori e correzioni. L'opera prima è terminata. 

L'assaggio iniziale ha ceduto il posto alla perfezione. Si comincia con poco, due pezzi di carta e un po' di colore. 
Si dice sempre così e poi si termina ad assottigliare pure sfumature.

Ed ecco il risultato.





Concetta D'Orazio





lunedì 24 novembre 2014

Fuori dal libro, capitolo III - Cappa e spada

FUORI DAL LIBRO CAPITOLO III – CAPPA E SPADA

Questo articolo esce contemporaneamente su quattro blog:

FUORI DAL LIBRO foto x cap 3
FUORI DAL LIBRO
Capitolo III– Cappa e spada
(Voce narrante) Iolanda, Martin, Antonio e il Professore si inoltrano nel parco, percorrendo un vialetto illuminato dalla luce della luna che filtra fra gli alberi. Camminano silenziosi e assorti nei propri pensieri.
(Martin, indicando avanti, sulla sinistra) Guardate, c’è qualcun altro. Laggiù oltre quel cespuglio.
(Iolanda) Non vedo nessuno, Martin, il cespuglio mi è nascosto dalle ombre che quel ramo di quercia antica fa calare davanti al mio viso. Forse devo venire più avanti. Aspettatemi, le caviglie mi fanno ancora male e le forze sono poche.
(Professore) Dove è finito? Sono convinto anch’io, come Martin, che ci fosse qualcuno… Antonio, tu l’hai visto?
(Martin) Ecco! C’è proprio qualcuno, e non una sola ombra ma diverse. Mi pare anche di sentire dei rumori. Rumori metallici…
(Voce narrante) Iolanda corre a nascondersi dietro un albero. Non sopporta l’eco di quel rumore di metallo.
(Iolanda) Martin, Professor Knowall, Antonio: vi prego salvatemi. Sono venuti a prendermi di nuovo. Avanzano. Sentite il rumore delle catene? Cercano me, lo so. Vi supplico, aiutatemi.
(Martin) Non posso crederci. Sono spade quelle che luccicano ai raggi di luna. E il rumore viene dal loro incrociarsi. Sarà meglio tornare indietro.
(Antonio) Eccomi Iolanda, dammi la mano, stiamo insieme agli altri, saremo più protetti se rimaniamo uniti.
(Professore) Giusto, giusto, consiglierei prudenza. Rimaniamo in disparte e aspettiamo l’evolversi della situazione. Vorrei capire che succede, le fronde ci impediscono una visione ottimale, ma… Perbacco! Martin, hai ragione, sono spadaccini, stiamo assistendo a un duello in piena regola!
(Voce narrante) Alla luce incerta della luna si distinguono alcune figure impegnate in un combattimento all’arma bianca, in mezzo agli alberi. La tenzone si risolve in fretta, i componenti della fazione sconfitta fuggono rifugiandosi nel folto del bosco, mentre i vincitori urlano contro di loro frasi di minaccia e scherno. Sul luogo del duello rimangono quattro uomini che, dopo aver rinfoderato le spade, si complimentano fra loro del successo ottenuto dandosi vigorose pacche sulle spalle. Nel buio si distinguono le silhouette dei loro corti mantelli e degli strani cappelli che indossano.
Martin e il Professore avanzano un po’, Antonio li segue, tiene per mano Iolanda che cerca di nascondersi dietro alle sue spalle.
La giovane donna appare ora in un atteggiamento insolito, a metà fra lo spavento e la curiosità.
Chi sono quegli uomini misteriosi?
(Professore, sottovoce) Ehm, che dite, ci facciamo vedere? Ora mi sembrano tranquilli, ma fino a un minuto fa combattevano con delle spade vere… D’altra parte, se ci vedono prima loro forse è peggio.
(Martin, incerto) Potrebbero essere attori… In tutti i casi sarà meglio parlare con loro, visto che non c’è modo di nasconderci. Mi sembra che siano voltati proprio da questa parte…
(Professore) E non spingere Martin! Va bene, ci parlo io.
(Voce narrante) I quattro uomini, nell’ombra, si mettono in guardia sentendo le voci. Uno di loro si fa avanti sguainando la spada. Ora la luna rivela il suo aspetto. È un uomo molto robusto con i capelli lunghi e una folta barba ben curata, indossa stivali alti e ha una croce ricamata sulla pettorina. Lo sconosciuto si rivolge al Professore.
(Sconosciuto 1) Poffarbacco! Chi va là? Fatevi avanti felloni!
(Professore, alzando le mani aperte per far vedere che non ha intenzioni bellicose) Calma, calma, signori! Non c’è bisogno di agitarsi, noi siamo qui solo di passaggio, abbiamo notato la vostra, ehm… discussione di poco fa. Stavamo solamente passeggiando in questo bosco in cerca della strada di casa. Ci stavamo chiedendo se voi potevate indicarci la via.
(Sconosciuto 2, più magro del compagno e anche più giovane) Dove sono le vostre spade? A quale guardia appartenete? Non ho mai visto divise come le vostre. (va verso Martin e il Professore, mentre Antonio continua a restare indietro con Iolanda)
(Martin) Non indossiamo divise e non abbiamo armi. Ci siamo solo persi. Sapete dove siamo?
(Voce narrante) Iolanda si stacca dalle spalle di Antonio, avanza con cautela. Si volta verso il Professore.
(Iolanda) Questi due sono anche diversi da voi. Non appartengono al vostro tempo, immagino.
(Sconosciuto 2) Una dama! (Si toglie il cappello piumato e si inchina rivolto verso Iolanda)
(Voce narrante) Di fronte a quel gesto, la giovane sorride, divertita ed incuriosita. I suoi affanni sembrano essere svaniti.
(Iolanda) Chi sei?
(Sconosciuto 2) Mademoiselle, il mio nome è D’Artagnan, moschettiere del Re. e Voi, come vi chiamate? (Poi si volta verso i compagni della giovane e, con tono ben diverso, le chiede) Siete forse in pericolo? Questi tali…
(Iolanda) Il mio nome è Iolanda. Vieni qui, avanza un po’, ti faccio conoscere i miei compagni. Li vedi quei due che ci camminano a fianco e quasi si spintonano? Si fanno chiamare scrittori. Uno è Martin e l’altro è il professor Knowall, che però dice di essere anche un pensatore. Questo amico vicino a me è Antonio: è lui che mi ha spezzato le catene, sai?
(D’Artagnan) Chi vi aveva imprigionata? Richelieu, il maledetto?
(Iolanda) Il maledetto? Chi è?
(Professore) Iolanda, sei un po’ troppo giovane per sapere chi è il Cardinale Richelieu… o forse dovrei dire: un po’ troppo “vecchia”? (Riflettendo a voce alta) Interessante paradosso, ci sarebbe da discuterne a lungo…
(Sconosciuto 1, affrontando con fare minaccioso il Professore) Quindi voi conoscete il perfido Cardinale! Se è vero che io mi chiamo Porthos, Barone du Vallon de Bracieux de Pierrefonds, voi avete tutta l’aria di essere una spia di quell’anima nera!
(Iolanda) Vecchia io?
(Professore, arretrando) Non lo conosco, diciamo che ne ho sentito parlare, ma non ho niente a che fare con lui. (Rivolto a Iolanda) Cara ragazza, non voglio dire che sei vecchia, anzi, sei molto giovane, quello che intendo è che tu non puoi conoscere persone che sono vissute molto dopo l’epoca da cui provieni. Come dicevo si tratta di un paradosso temporale, in questo luogo la linea del tempo come noi la conosciamo non sembra essere valida. Ci sei tu che vivi nel tardo medioevo, poi ci siamo noi tre, uomini del ventunesimo secolo, adesso sono apparsi questi signori che appartengono a un’altra epoca ancora, intermedia fra le nostre. Peraltro la loro effettiva esistenza non è del tutto certa, almeno come persone reali, dovrebbero essere solo dei personaggi di fantasia e…
(Porthos) Di cosa andate vaneggiando? Volete assaggiare il filo della mia spada per valutare se è reale o di fantasia?
(Voce narrante) Intervengono gli altri due sconosciuti, rimasti finora in disparte, per placare l’ira del loro focoso compagno.
(Sconosciuto 3) Lascia a riposo la tua lama, amico mio. Non vedi che quest’uomo è disarmato?
(Antonio) Siamo disarmati, confusi e bisognosi di aiuto, si dice che i Moschettieri siano generosi e dotati di grande senso dell’onore, forse potreste aiutare dei viandanti smarriti, stanchi e affamati?
(Sconosciuto 4) Parole sagge, signore, il combattimento di poc’anzi mi ha messo un certo appetito, e non disdegnerei neanche un boccale di birra fresca. Io sono Olivier de Bragelonne de la Fère, ma tutti mi conoscono come Athos. Voi a che casata appartenete?
(Antonio dopo un attimo di riflessione) Sono Antonio Scossa de Château Genzanò, umile vostro servitore, mastro ebanista e studioso.
(Professore, rivolgendosi allo sconosciuto 3) E quindi voi, tutto vestito di nero… lasciatemi indovinare, siete forse Aramis?
(Sconosciuto 3) René d’Aramis de Vannes, per la precisione. Vedo che la mia fama mi precede…
(Iolanda) Io…sono io, Iolanda. Non saprei cosa altro aggiungere. Lo stomaco brontola anche a me. Potrei cercare fra le erbe, magari trovo qualcosa di adatto per preparare una pozione di ristoro per le nostre forze. Capisco che a questa fame si debba rispondere con cibo robusto ma non so come rimediare. Martin, perché te ne stai in disparte? Tu hai fame?
(Martin) In questa situazione così strana non riesco a pensare al cibo. Vorrei capire dove siamo e perché. Il resto mi interessa poco.
(Porthos) Dove siamo? Dietro il Convento delle Carmelitane Scalze, perbacco.
(Athos) Porthos, temo che ti sbagli. Questo parco è simile, ma non è quello.
(Iolanda) Io invece ci penso alla fame. Sapete da quanto tempo è che sono a digiuno? A dire la verità, non ricordo neppure io quando è stata l’ultima volta che ho mangiato qualcosa. Quelli, prima di legarmi, non si sono preoccupati di darmi del cibo. Poi è arrivato il fuoco e non ho più pensato alla mia fame. Ora però mi sento più tranquilla e vorrei anche ritemprare le forze. Athos, Porthos: chi vi segue?
(Voce narrante) Altri quattro uomini si avvicinano, portando cesti e bagagli vari.
(Porthos) Mousqueton, eccoti qua! Muoviti, che mademoiselle Iolanda ha bisogno dei tuoi servigi, non dubito che riuscirai a mettere insieme qualcosa per rifocillare lei e i suoi compagni, oltre a noi quattro, dico bene Aramis? (Rivolto a Iolanda) è un briccone, come tutti i normanni, il mio Mousqueton, ma in fondo è un bravo ragazzo.
(Voce narrante) Athos fa un semplice gesto con la mano a uno dei nuovi arrivati, il quale, insieme agli altri tre, inizia a tirar fuori dai cesti diverse qualità di vettovaglie.
(Iolanda, agitando le braccia) Antonio, Antonio, vieni! Guarda. Ora sì che possiamo saziare la nostra fame. Porthos, ti rendo grazie. A te e ai tuoi amici.
(Voce narrante) Mentre la ragazza e i suoi compagni si avvicinano ai valletti e ai loro bagagli, accompagnati da Porthos e da D’Artagnan, gli altri due moschettieri restano in disparte, parlottando fra loro.
(Antonio) Mangiare non potrà che farci bene, niente unisce come consumare un pasto assieme, e magari ci renderemo conto se questo che ci appare come un sogno non sia invece una splendida avventura. Non so se vi rendete conto di come mi senta, stiamo per mangiare con i Moschettieri del Re!
(Voce narrante) In poco meno di cinque minuti, viene steso a terra un drappo bianco, simile ad un lenzuolo o ad una tovaglia. Su quella tavola estemporanea vengono appoggiati cibi succulenti, posizionati alla meglio su vassoi di fortuna, quali fogliame secco e pezzi di corteccia.
Antonio non crede ai suoi occhi: selvaggina alla griglia, pane integrale e frutta. Sì, anche mele e pere!
Iolanda sembra aver perso di nuovo la parola. È rimasta immobile davanti a tutta quella abbondanza.
Il Professor Knowall sorride sornione, in cuor suo è contento per quel cibo, ma cerca di non darlo a vedere: ha un ruolo da sostenere.
Martin pare quello più distaccato. Forse la sua smania di tornare alla vita normale gli ha fatto dimenticare persino la fame.
I valletti, intanto, invitano gli astanti a prendere posto intorno a quella mensa.
(Iolanda, rompendo all’improvviso ogni indugio) Amici, cosa aspettiamo?
(Voce narrante) Mentre gli altri fanno onore a quella mensa improvvisata Athos e Aramis, rimasti in disparte, richiamano i loro valletti personali che, dopo aver parlottato brevemente con i due moschettieri, si allontanano inoltrandosi nel folto del bosco.
Il professor Knowall ha notato questa manovra e raggiunge i due uomini.
(Professore) E voi signori, non avete fame? Dove sono andati i vostri servitori?
(Aramis) Questo posto non è sicuro. Sono quasi certo che non siamo più nei pressi di Chantilly, anche se il bosco è simile. Non capisco come siamo arrivati qui, ci eravamo appena riuniti, dopo avere viaggiato ognuno per conto proprio da Parigi, quando improvvisamente è calata una spessa nebbia, appena si è dissolta siamo stati attaccati dalle guardie di Rochefort, lo sgherro del Cardinale, ma siamo riusciti a batterli e sono fuggiti. Abbiamo mandato Grimaud e Bazin, i nostri valletti, sulle loro tracce, temo che stiano preparando una controffensiva.
(Athos) Io non credo che avranno voglia di farsi vivi tanto presto, hanno assaggiato il filo delle nostre lame e correranno con la coda tra le gambe per un bel pezzo prima di pensare a rifarsi.
(Porthos) Athos, Aramis! Cosa fate ancora là? Venite a mangiare insieme a noi e a questi nuovi amici. (Poi, rivolto a Iolanda e agli altri) Perché indossate abiti così strani? E portate capelli così corti?
(Iolanda) Avevo lunghi capelli biondi. Mi piaceva lisciarli alla sera, prima di stendermi sul giaciglio. Erano davvero belli, sapete? Poi…(la ragazza si piega su stessa, intonando un pianto senza consolazione).
(D’Artagnan, premuroso) Mademoiselle, non piangete. Chiunque siano i vostri nemici dovranno vedersela con me e i miei compagni. E sono davvero in pochi coloro che possono raccontare di aver duellato con noi…
(Antonio) La nostra amica ha sofferto molto a causa di ecclesiastici tutt’altro che animati da spirito cristiano. Veniamo da posti molto lontani tra loro e ci siamo incontrati per caso, o forse per destino. Ora non abbiamo una meta precisa, volevamo uscire da questo bosco.
(Martin) Dunque, se ho ben capito, nemmeno voi sapete dove siamo… (poi più piano, rivolto solo al Professor Knowall) Non riesco a capire come possiamo trovarci veramente davanti ai moschettieri. Credevo… (Si interrompe e scuote il capo). Niente.
(Professore) Martin, capisco le tue perplessità ma, in fondo, non abbiamo già accettato la presenza fra di noi di una ragazza che viene dal medioevo? Non vedo che differenza possano fare quattro guardie del Re di Francia. Anche se, in effetti, loro sono dei personaggi partoriti dalla fantasia di uno scrittore, o forse i moschettieri sono esistiti veramente e questi sono i soldati a cui Dumas si è ispirato… Con questo non voglio dire che la situazione non sia strana comunque, tutt’altro.
(Porthos, addentando una coscia di pernice) Messere Knowall, voi siete un uomo di lettere, vero? È per questo che parlate in maniera così strana? Venite qua, prendete un boccale di questo ottimo borgogna, magari vi schiarirà le idee. Dal nome mi sembrate inglese, non credo che nella vostra isola nebbiosa si trovi facilmente un nettare così prelibato.
(Professore, sorridendo) In realtà sono nato in Nuova Zelanda, una terra che nella vostra epoca non è ancora stata… ehm, lasciamo perdere. Certo, signor Porthos, assaggio volentieri un po’ di vino.
(Iolanda) No, no, non piango più. Questo cibo è molto buono e voi siete tutte brave persone. Certo, non capisco niente di quello che dite ma non mi importa. Non so quali domande vi assillano e non comprendo perché volete andare via da qui. Io sto così bene!
(Martin) Non ti preoccupare, dubito che riusciremo ad andare via da qui.
(Professore, rivolto a D’Artagnan) Messere, se non sono troppo indiscreto, posso chiedervi per quale motivo le guardie del Cardinale vi stanno dando la caccia?
(D’Ardagnan, sulla difensiva) Signor Knowall, la nostra missione è segreta. Posso solo dirvi che ne va dell’onore della Regina di Francia. Vi prego di non chiedermi altro.
(Professore) Non insisto, perdonate la mia curiosità.
(Voce narrante) Il gruppo riprende a mangiare e a bere, accantonando per un poco gli interrogativi e le ipotesi. Mentre il Professore propone un brindisi per festeggiare l’incontro e la merenda consumata insieme, una figura sbuca in lontananza e si avvicina correndo.
(D’artagnan) Athos, guardate, Grimaud.
(Aramis) Deve avere notizie sugli sgherri del cardinale.
(Voce narrante) Intanto il servitore ha raggiunto i commensali e riprende fiato.
(Athos) Allora, Grimaud, cosa ci dite?
(Grimaud) Le guardie hanno incontrato un altro drappello e stanno tornando verso questo bosco.
(Aramis) E Bazin?
(Grimaud) È rimasto indietro per controllare i movimenti delle guardie.
(Athos) Quanto sono lontane?
(Grimaud) Pochi minuti.
(Voce narrante) Il professore, Martin e Antonio si scambiano uno sguardo preoccupato. Iolanda li osserva, allarmata, anche se non le è ben chiaro cosa deve temere.
(Iolanda) Professore, Martin, Antonio: ditemi, siamo forse in pericolo?
(Professore) Cara Iolanda, credo che sia arrivato per noi il momento di allontanarci. Questi signori sono uomini d’arme, penso che non sia il caso di trovarci coinvolti in una lotta, siamo disarmati e inesperti, non saremmo di nessun aiuto, anzi, potremmo rappresentare un intralcio per i valorosi moschettieri.
(Iolanda) Mi dispiace, stavo bene in loro compagnia. Abbiamo pure rifocillato lo stomaco. E, ditemi, amici, dove ci dirigeremo?
(Antonio) Be’ visto che le guardie del Cardinale stanno arrivando da quella parte, direi di svignarcela in direzione contraria.
(Athos) Avete ragione, dovete mettervi al sicuro e portare lontano mademoiselle Iolanda. Forse due dei nostri valletti potrebbero accompagnarvi.
(Bazin, sbucando di corsa dalla boscaglia) Padron Aramis! Rochefort e le sue guardie stanno arrivando!
(Aramis, sguainando la spada) Troveranno pane per i loro denti! Presto, Martin, Antonio, Professore, mettete in salvo la donzella, allontanatevi da qui, se volete che Mosqueton o un altro dei nostri servitori vi accompagni per proteggervi…
(Professore) No, grazie, nobili signori, voi avete un compito importante da compiere, avrete bisogno di tutto il supporto che i vostri aiutanti potranno darvi. Ce la caveremo da soli. Noi non abbiamo niente da temere da quei soldati, se non ci troveranno qui non sapranno neanche della nostra esistenza. È stato un onore e un piacere incontrarvi, vi siamo debitori, ma non sapremmo come aiutarvi, è meglio se ce ne andiamo.
(Porthos) E allora fuggite. Moschettieri del Re! Tutti per uno…
(Gli altri moschettieri, in coro, incrociando le spade) …e uno per tutti!
(Voce narrante) Il Professore, Martin, Iolanda e Antonio cominciano ad allontanarsi, quest’ultimo, però, fatti pochi passi si volta e grida all’indirizzo dei moschettieri.
(Antonio) Amici, ricordate, non fidatevi delle belle ragazze bionde!
(Professore) In effetti, se non ricordo male, nel libro Athos dice più o meno: “Mio caro, io diffido delle donne; che volete, ho le mie buone ragioni, specialmente delle donne bionde. Perché Milady è bionda, così mi avete detto?” E visto che un tempo lei era stata sua moglie ha tutte le ragioni di…
(Martin) Cosa glielo dici a fare? Non credo si possa cambiare la loro storia.
(Iolanda) Storia? Di cosa parlate? Martin, Professore: conoscevate già queste persone?
(Martin) Non esattamente. Nel senso che non si può parlare proprio di conoscenza. Ad ogni modo credo che sarebbe meglio rimandare il discorso a quando saremo più lontani e intanto allungare il passo.
(Iolanda) Mi dispiace lasciare quelle persone ma mi rimetto alla vostra volontà, amici. Siete voi quelli che ho deciso di seguire e con voi voglio venire.
(Antonio) Andiamo, sono certo che se la caveranno benissimo da soli. Sono Moschettieri del Re signori miei, Moschettieri del Re!
(Voce narrante) Detto questo Antonio senza altro indugio riprende il cammino. Iolanda lo segue prima titubante, per poi accelerare il passo mentre dietro di lei si accodano Martin e il Professore, che camminando continuano a voce bassa la discussione. Nel frattempo comincia a calare nuovamente la nebbia…
(continua nel capitolo IV)

Il ferro per le pizzelle

Corre verso il fornello. La vedo che si mette le mani nei capelli. Lo sento, avverto l’odore di bruciato. Lei impallidisce. Io impallidisco di più. Il ferro è andato. L’ha posizionato troppo presto sulla fiamma. Oppure si è trattenuta troppo a lungo a sbattere le uova. Il ferro per le pizzelle è deceduto. Un ricordo della nonna e della mamma della nonna, ha concluso la sua esistenza, fra le bragie dell’Inferno. 


(Da "La farina senza calcolatrice"- Riprendiamoci il Natale)






Le pizzelle non devono mancare mai. 

Non è  Natale se non ci sono le pizzelle. Ma non è nemmeno Pasqua, la Concezione, l’Assunta e tutti i compleanni.
A casa di un abruzzese le pizzelle devono esserci. Sempre.

Le feste sono vicine, mia madre ne preparerà in abbondanza. Le congelerà, come fa sempre, in piccoli pacchetti da dieci o da quindici, calcolando in maniera minuziosa il bisogno che si presenterà nei giorni a venire. 
Durante le feste se ne consumano parecchie.
A mia madre la calcolatrice ha sempre fatto un baffo. 

(da La farina senza calcolatriceRiprendiamoci il Natale)





Una vita scandita dal fumo e dal calore che si leva dal fornello. 
A casa mia si capiva, e si capisce, di essere nell'imminenza di una festa, quando si avvertiva, e naturalmente si avverte, quel profumo tipico, a metà fra una fragranza di ciambella dolce e uno di uova fritte! 
Sì, è proprio questo il ricordo dell'odore caratteristico di questi dolci che mi ha sempre accompagnato.

Avete mai visto un ferro per le pizzelle? Lo chiedo ai non abruzzesi. È chiaro che nessuno dei miei corregionali può dire di non aver mai assistito alla realizzazione di questi dolci che per noi rappresentano il simbolo distintivo di ogni rinfresco, comandato e non.

Avevo già detto, in un altro articolo, che per noi non esiste festa che non preveda, nel buffet dei dolci, un posto per le tradizionali pizzelle. 
Un posto d'onore. Sempre, da quando sono nata.

Il ferro è l'attrezzo con cui si realizzano questi piccoli capolavori golosi. 
Il ferro "delle origini" va posizionato sulla fiamma del fornello. Il calore dell'attrezzo arroventato permetterà la cottura dell'impasto di uova, zucchero e farina. Sarà necessario girare più volte sul fuoco, in maniera da permettere la cottura omogenea da entrambe le parti.
Per le pizzelle del tipo "morbido", il tempo di cottura sarà minore (circa un tre/quattro minuti per lato). 
Chi vorrà ottenere dolci più secchi, friabili e duri, dovrà lasciare l'impasto più a lungo sull'attrezzo. In questi casi comunque, è bene ricordarlo, sarà necessario aggiungere anche farina in più.

Oggi esistono anche i dispositivi elettrici per la cottura:  sono più veloci e permettono di non sporcare la cucina.

Vi posto alcune foto e vi rimando ad un mio precedente articolo in cui troverete la ricetta delle pizzelle.

ferro per pizzelle



ferro per waffel
ferro per pizzelle




Qui altro articolo con ricetta pizzelle: click

lunedì 17 novembre 2014



Ora tocca a me. 
Innumerevoli parenti, quasi cugini, zii di terzo e quarto grado, ma anche di quinto, sono accorsi ad aiutarmi a togliere il cappotto. Mi sento affannata. Tutta questa gente intorno!
Una mano piena di nodi mi accarezza con dolcezza la faccia, poi sulla mia testa, afferra il berretto e…
Mia madre si gira, il suo sguardo non è molto amabile. Vedo che trattiene le parole che, a giudicar dalla sua faccia, non sono molto tenere. Abbozza un sorriso forzato ma poi si arrende all'evidenza dei fatti.
Le ho tolte. Le ho disintegrate. 
Sono libera!

mercoledì 12 novembre 2014

Il calendario dell'avvento e realizzazioni a tema natalizio


Il giallo è più corto. Lo nascondo in fondo. Nessuno lo deve sapere che il giallo si è accorciato.
Anche il marrone è allo stesso livello. Entrambi sono quasi a  metà.
La situazione del rosso e del blu è più drammatica. Hanno superato la metà già dalla scorsa
settimana.





Sì, la stagione è proprio questa, il periodo in cui ogni vena creativa sembra far capolino, con la complicità di temperature più basse ed atmosfere casalinghe.

Questo è il momento di dare libero sfogo alle necessità di espressione artistica che, in fondo in fondo, temporeggiano, in letargo, in ciascuno di noi, pronte a risvegliarsi all'occorrenza.

Confessiamolo: la sola idea dei preparativi per le feste, ci fa sbizzarrire in complicati progetti culinari e/o di realizzazione manuale, a vario titolo.
Lo sappiamo benissimo che non siamo molto bravi in queste cose ma non ci sarà nessuno che si permetterà di prendersi gioco delle nostre eventuali incapacità. A Natale.

Sì, perché a Natale sembra tutto più bello, più condivisibile. Insomma più accettabile.
Anche la nostra arte. O quella che sembra arte. A noi.

Tra i lavori che possiamo iniziare a programmare in questo periodo, c'è sicuramente la messa in opera del Calendario dell'avvento
Sarà molto simpatico realizzarlo con i bambini.

Prepararlo è semplice: basta scrivere su di una base di cartone (ma anche dipingere, formare, plastificare, a seconda del vostro estro) i giorni compresi nel periodo 1 - 25 dicembre e decorarli come più vi piace.

Nell'esempio che segue, i vari numeri sono stati colorati in maniera diversa, incollati sul cartone-base e poi ricoperti con della carta velina (da sollevare giorno dopo giorno), fermata con una pinzetta.




Gli appassionati del presepe non avranno limiti alla fantasia creativa. 
Di seguito propongo foto di alcuni "pezzi" (casette) realizzati qualche anno fa.

Nel primo esempio, sono stati utilizzati pezzetti di legno e/o corteccia, tenuti insieme con la colla a caldo.





Un'idea molto carina per realizzare oggetti per il presepe è quella di utilizzare la pasta. Potrete incollare mezze-maniche, linguine, bucatini, rotelle.
Attenti a non farne carbonara!