mercoledì 22 maggio 2013

Il pettegolezzo

Il pettegolezzo è la disfatta dell’intelligenza.
Il pettegolezzo uccide ogni esperimento di buon senso e di perspicacia.
È infido, ambiguo, è viscido da far ribrezzo.

Lo dico a chi di maldicenza si nutre e si circonda: smettete di vomitar malignità, di sorridere con sorrisi artefatti. Finitela di impossessarvi della fiducia di chi ve la offre, per poi girarvi dall'altra parte e tirare frecce avvelenate contro quella buona fede di chi si è avvicinato a voi. Falsi! Ipocriti!

Fra altri esseri superflui,  spendete le vostre inutilità. E fate gruppo e comunella, sbeffeggiandovi tra di voi, l’uno con l’altro, l’uno contro l’altro. Prima vi azzannate e poi vi sorridete, prendendovi in giro voi per primi. Teatranti di infimo rango!

Chi di pettegolezzo si bea non ha nient’altro che possa stimolare la sua amenorroica esistenza. Come potete occuparvi dei fatti altrui? Come potete soppesare le felicità di altri, misurare i loro godimenti, monitorandone costantemente la  durata e la consistenza? La spiegazione è una sola: le vostre soddisfazioni personali sono inesistenti. Per questo motivo cercate appagamento in quelle che non vi appartengono. Ma il furto è un peccato. E per il peccato si paga pegno.

Lo dico a chi farebbe bene ad occupare quel tempo inutile che si ritrova: cucinatevi le vicende vostre. Conditele con l’aceto dei vostri rimorsi. Saporitele con le spezie che avete lasciato nel vostro vasetto stracolmo di rimpianti.
Cucinatevi le vicende vostre. E poi digeritele, che l’indigestione delle vicissitudini altrui può far molto male, a volte.

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